Camminavo per strada e guardando le espressioni e i visi delle persone, le notai chiaramente: le maschere, la finzione.
Mi colpii parecchio l’insegnante di teatro Luciano quando disse: recitare è agire realmente in una situazione immaginaria, non è fingere.
Se fingi non lo fai bene. Se fingi non potrai mai recitare davvero, nella vita di tutti i giorni fingiamo, non a teatro.
Quando lo sentii la prima volta mi sembrava ci fosse una contraddizione, ogni giorno nelle attività quotidiane crediamo così tanto a ciò che facciamo, a chi siamo, a chi crediamo di essere che pensiamo di avere il libero arbitrio di ciò che diciamo e pensiamo, solo perché possiamo scriverlo su un social network senza che qualcuno ci lanci le pietre.
È davvero così? O abbiamo un secondo dittatore, il nostro ego, la scissione interna che ci fa vivere a pieno la nostra dualità, l’esperienza umana. Noi crediamo costantemente di essere qualcuno.
Vogliamo a tutti i costi essere accettati, apprezzati, essere amati.
Così fingiamo, anche inconsapevolmente, per poter soddisfare certi bisogni che potrebbero non essere mai soddisfatti come ci aspettiamo. Una aspettativa spesso disattesa che ci fa vivere nel buio della notte e nella luce del giorno sperando di evitare la prima per poter vivere sempre la seconda. Questo non è possibile. Questo non è possibile.
E se e quando essere quel qualcuno vacilla e cessa di esistere, il castello perde le fondamenta e nessuno più governa le stanze. Così inizia l’opera teatrale, inizia il vero spettacolo, inizia l’esperienza di chi siamo davvero. Esseri umani straordinari, che possono essere più di ciò che pensano; i più coraggiosi e valorosi che decidono di mettersi in discussione trasformano la realtà in un mondo di bellezza, amore e condivisione.
Questo è un viaggio dentro il nostro essere umani, per cui provo tanto amore quanto tenerezza, e nello stesso modo ne vedo la forza, la grande compassione, l’amore immenso che provano, la gentilezza, l’audacia.
Non ragioniamo da piccoli esseri umani, siamo immortali e se non sappiamo con certezza di esserlo, immaginiamo che sia così, affinché la forza con cui creiamo, con cui agiamo e con cui viviamo la Terra, non sia influenzata dal tempo.
Ciò che facciamo potrebbe realizzarsi tra 1, 10, 50, 100 o 200 0 1000 anni, e allora?
Da circa 15 anni, sento l'esigenza di mettermi a disposizione della Terra.
Non riguarda me, riguarda tutta l'umanità.
Ho cercato per tutta la vita di essere qualcuno, di conquistarmi un posto nel mondo, ma quel posto era già qui per me, non necessitava di un riconoscimento esterno. Ora l'ho compreso.
E dietro le mie opere già allora scrivevo "Who am I? Nobody".
Sono Nessuno e sono a disposizione per ciò che serve, per portare il bello, il bene, il vero, nel mio piccolo e con tutte le peculiarità di essere umano sempre in evoluzione.
Evoluzione che non finirà mai, poiché proprio da noi stessi inizia la vera rivoluzione.
Cosa diventerà questo manifesto? Ancora non lo so, intanto lo scrivo, lo penso, lo incarno, affidandomi a ciò che può accadere, a chi vuole unirsi a questo sentimento, a chi sente questo fuoco che necessita di essere espresso.
Un abbraccio
Sabrina